Servizio di HBO sul Greyhound Racing
Ma non ci sono scuse.
Non ci sono giustificazioni da dare, non ci sono motivazioni che reggano davanti a migliaia di morti causati dell’insaziabile fame di denaro.
E’ inutile girarci intorno, è inutile cercare di far passare anche quelli che non uccidono i loro cani a fine carriera e che sono comunque una ridottissima minoranza per degli amanti degli animali, i trainer del futuro, quando sappiamo tutti che per ogni cane che arriva a correre ce ne sono decine che non avranno nemmeno un nome prima di venire uccisi.
Qualunque tentativo di giustificare, anche in parte, questo mondo rende complice chi lo fa di tutte quelle vite spezzate e gettate via.
E’ ora di smetterla di prenderci in giro, è ora di smetterla di dimenticare i greyhound che non correranno mai e che non avranno nemmeno una singola chance di avere una vita.
E’ un’industria letale in ogni momento della sua attività, riproduce, seleziona, sfrutta e poi uccide. E usa le poche adozioni di cui si occupa direttamente come arma per continuare questa guerra dove le uniche vittime sono sempre i figli del vento. E che sono decine di migliaia, ogni anno.
Alcune precisazioni e considerazioni a commento del servizio.
1) Il filmato documenta lo stato dell’arte fino al 2006 negli USA. I 15 Stati a cui si fa riferimento sono dunque Stati Americani.
2) L’opposizione all’industria delle corse, ingaggiata da alcune Associazioni Americane (HSUS , ASPCA o GREY2K USA) non si è limitata alla sola denuncia dei massacri, delle crudeltà e dei reati perpetrati dall’industria. Hanno denunciato con fermezza e sulla base di dati e inchieste, scuotendo l’opinione pubblica e ottenendo a livello politico.
3) E i risultati sono evidenti: in 38 Stati il greyhound racing è illegale. In altri 5 tutte le piste per greyhound hanno chiuso e sono cessate le corse dal vivo. Da 15 si è passati a 7 Stati (Alabama, Arizona, Arkansas, Florida, Iowa, Texas, Virginia Occidentale) in cui le corse dei greyhound sono ancora legali. E di questi 7 due, Iowa e Arizona, hanno già votato per l’abolizione del greyhound racing.
4) Molte persone amano scommettere e amano farlo legato a competizioni, ma se scoprono che tutto questo le rende complici di un massacro, allora preferiscono trovarsi un altro modo per divertirsi. Da questo punto di vista gli USA sono anni luce avanti all’Europa e non indietro nell’aver compreso l’inutilità di questa industria.
5) Qualcuno immagina che si possa regolamentare la riproduzione e le corse stesse in modo che diventino illegali le soppressioni di massa: le corse sono crudeli in ogni loro aspetto, a parte le migliaia di sacrifici che si compiono ogni anno, i cani fanno vita di sofferenze e prigionia.
6) Quando non sono in pista trascorrono 20 e più ore al giorno in gabbie anguste di cemento , dove riescono a malapena a stare in piede, esposti a temperature proibitive in estate e freddo durante i mesi invernali, a seconda del clima. Stanno tutto il tempo con la museruola. Hanno pochissime interazioni con gli umani. Vengono spesso dopati e nutriti con cibo di pessima qualità. Spesso la carne proviene da animali malati, moribondi o morti. I trasporti da e verso le piste avvengono quasi sempre in furgoni non ventilati e in spazi angusti.
7) Nessun proprietario degno di avere un cane farebbe mai fare quella vita al proprio cane.
8) Le corse uccidono: lo fanno a causa di cadute rovinose durante le gare, di allenamenti eccessivi volti a farli correre più veloci, di circuiti strutturati in maniera tale da aumentare la percentuale di incidenti, di corse effettuate anche nei giorni più caldi dell’estate e nelle giornate più fredde dell’inverno, aumentando il rischio di lesioni.
9) E noi cittadini cosa possiamo fare per impedire tutto ciò? Possiamo fare molto. Possiamo conoscere e informare amici e conoscenti su quanto accade nell’industria delle corse e aiutare le associazioni fornendo sostegno e fondi.
10) Possiamo adottare e collaborare in modo etico, cioè cooperando con le associazioni e con i rifugi che hanno la forza e il coraggio di non colludere con l’industria delle corse, sapendo prendere posizione contro i trainer e gli esponenti dell’industria, denunciando, riportando dati, evidenziando le crudeltà intrinseche a questo sistema.
11) Un’ultima cosa. E’ inevitabile che il cammino verso l’abolizione del greyhound racing non è immediato e che nel frattempo occorre fare qualcosa per ridurre i danni e l’entità del massacro dei grey.
12) Questa fase di cambiamento impone dunque alle associazioni di negoziare con i trainer e con gli esponenti dell’industria. Negoziare non significa però smettere di informare e di denunciare.
13) Un trainer può essere qualificato un buon trainer dall’associazione se rispetta tutta una serie di requisiti. Requisiti che vanno fissati dall’associazione, senza che l’associazione perda il diritto e il dovere di evidenziare ciò che non va nell’attività del trainer per il semplice fatto che fa il trainer di greyhound da corsa.
14) Non dimentichiamoci che sono i trainer ad avere bisogno di noi (associazioni, volontari e adottanti) e non viceversa. Quanto più potere le associazione acquisteranno sull’opinione pubblica e sulla politica, tanto più l’atteggiamento delle persone, la legislazione, i controlli nei confronti del greyhound racing diventeranno censori e repressivi. E tanto più sarà nell’interesse dei trainer collaborare con le associazione per ragione di marketing di immagine o per una propria coscienza morale. Anche in questo l’esperienza degli Usa insegna.