Gli occhi di Mami
Contrariamente a quel che può sembrare, non voglio essere melenso, ma voglio cercare di condividere alcune riflessioni che mi frullano nella testa da quando, insieme ad altri e meno di loro, ho iniziato a cercare Mami.
Questa mattina, quando l’ho vista nella gabbia e non credevo ai miei occhi, per un attimo ho incrociato i suoi, le orecchie basse, che sembravano dire “per favore, non picchiarmi, non sgridarmi, non farmi del male”. Non dimenticherò questo sguardo ma non mi basta, non mi basta fermarmi alla paura dell’uomo, che certamente non è buono con questi cani, al maltrattamento. Troppo facile, ma soprattutto troppo poco per capire questi cani, o almeno una come Mami. Ma quante sono le Mami? Molte.
Questo cane ha vissuto per molto tempo in un’ambiente per noi non congeniale, ma per lei quasi perfetto. Questa mattina era tutto meno che patita. Si è nascosta, ha scavato e sistemato tane, ha mangiato, ha vissuto come un essere selvatico. Ha costruito una qualche forma di socialità con i cani della zona e forse anche con i contadini, anche se da lontano. E allora mi chiedo che cosa sappiamo realmente di questi cani e scopro che non sappiamo quasi nulla della loro vita prima del rifugio. Credo che Mami abbia vissuto tre vite: quella prima di Scooby, di cui non sappiamo molto, quella a Scooby, molto diversa dalla prima e ora quella in Italia, per certi versi più simile alla prima.
Cercate di capire quello che sto per dirvi: io non sono sicuro che Mami in queste settimane sia stata infelice. Non voglio dire che tutto per lei fosse perfetto, ma credo che per la prima volta nella sua vita abbia vissuto la libertà di essere quello che era prima di Scooby senza avere l’umano di turno pronto a picchiarla o rimproverarla ad ogni errore.
Per questo, sono felice che sia al sicuro, perché di questo si tratta, di essere al sicuro, e mi rendo conto che lei non sa ancora di essere al sicuro da chi l’ha peggio trattata, cioè l’uomo. Ma mi rendo conto che la macchia, il bosco, la corsa in libertà sono richiami potenti insiti nella sua natura.
Richiami che noi non possiamo assecondare al cento per cento, ma che non possiamo neppure deprimere al cento per cento. Non ho risposte, ma è una sfida aperta. Io credo che noi dobbiamo capire meglio queste anime e che dobbiamo farlo anche a dispetto di luoghi comuni e comodità intellettuali. A proposito, questa mattina Rob, che era con me, sembrava un altro cane, come se avesse riscoperto qualcosa che gli appartiene da sempre. Ha corso, ha annusato, ha perlustrato come poche volte gli ho visto fare. Questa mattina Rob mi è parso molto felice, forse perché dopo una notte nel bosco ho guardato le cose coi suoi occhi e non con i miei.
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