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Il trasportino/gabbia come tana e luogo sicuro per il cane

Quando proponiamo agli adottanti di utilizzare il kennel (trasportino o gabbia) nell’inserimento del proprio levriero, molto spesso incontriamo un atteggiamento di diffidenza e rifiuto.

I commenti immediati più frequenti sono: “No poverino!” oppure “Non posso chiuderlo in gabbia!”.

In realtà, queste reazioni emotive, del tutto comprensibili, nascono da una non conoscenza di come va fatto conoscere il kennel al cane e di quale significato cognitivo ed emozionale possa assumere per il cane, se ben introdotto.

Perché utilizzare il kennel

Lo scopo dell’utilizzo del kennel non è di “mettere in gabbia” il cane, costringendolo a stare lì così non fa danni in casa oppure non disturba mentre ci dedichiamo ad altro.

Lo scopo è esattamente l’opposto. 
Non è quello di tenere il cane “chiuso dentro”, ma il resto del mondo “chiuso fuori”.

Il kennel ci permette, infatti, di offrire al cane una tana, un luogo sicuro e protetto dove rifugiarsi in casa, in auto, quando si è a casa di amici che hanno altri cani o bambini, quando si va al ristorante e c’è troppa confusione.

Il cane, infatti, ha bisogno di una tana nella quale possa sentirsi:

a) protetto e sicuro;

b) in grado di guardare fuori, potendo così vigilare su tutto ciò che succede intorno, accorgersi prontamente della presenza di un eventuale pericolo e così via.

Nella tana nascono i cuccioli dei canidi selvatici, ma tane molto simili a quella del lupo vengono scavate anche dai cani domestici, specie da quelli di tipo primitivo.

Fateci caso. Spesso i nostri cani si scavano delle buche in giardino e poi ci si mettono dentro, oppure raspano la superficie del cuscinone, spostano i cuscini o le coperte, al fine di creare una sorta di involucro avvolgente in cui coricarsi e trovare appunto riparo, tranquillità e protezione.

Il kennel offre al cane una “tana domestica”, una tana che lo segue quando viaggia e va nel mondo insieme al proprio compagno umano.

Le caratteristiche del kennel/trasportino ideale

Perché il kennel sia una buona tana, deve avere queste caratteristiche di base: chiusura su tre lati, apertura frontale, possibilità guardare attraverso le pareti, per permettere al cane di tenere d’occhio i dintorni.

Se si utilizza un trasportino, questo sarà probabilmente già chiuso nella parte superiore e almeno parzialmente sui tre lati. Se, invece, si opta per la gabbia, vi consigliamo di coprire il tetto e parte dei tre lati con una coperta.

Ma veniamo alla parte pratica!

Come possiamo fare, sia nel caso di un cucciolo sia nel caso di un cane adulto, a far sì che i nostri compagni amino questo guscio, che vivano il kennel come una loro tana?

E come facciamo a scegliere il modello giusto?

Partiamo dalla scelta del modello più adatto al nostro cane.

Il trasportino/gabbia non deve essere né troppo grande né troppo piccolo. Il cane deve riuscire a stare seduto, in piedi sulle quattro zampe e a girarsi su se stesso. Soltanto così potrà sentirsi protetto durante la sua permanenza all’interno del kennel. Meglio preferire il modello che si scoperchia, perché più comodo da pulire e più utile nel periodo di training.

I passi per abituare il cane all’utilizzo del kennel

Ora veniamo alla parte più delicata. Come  convinciamo sia il cane che noi stessi che il trasportino è un luogo sicuro, una tana in cui rilassarsi, stare tranquillo e sentirsi protetti dal mondo?

Occorre procedere per gradi, applicando rigorosamente tutta una serie di step, che vanno eseguiti con calma e pazienza. È fondamentale concedere al proprio cane il tempo necessario e le giuste esperienze per potersi abituare al kennel e percepirlo come luogo sicuro, in cui è piacevole entrare e restare.

  1. Scegliamo se possibile un trasportino componibile, con la parte superiore asportabile.

  2. Prima di procedere alla proposta e conoscenza di questo strumento, è necessario che il cane abbia molto ben presente il concetto di calma legato alla copertina. Per sapere come far conoscere la copertina e il cuscinone come luoghi di calma, vi rimandiamo all’articolo dedicato Ehi-tu-ce-l’hai-la-copertina?.

  3. Presentiamo il trasportino al cane senza la parte superiore, in modo che non risulti per lui un ambiente chiuso e angusto.

  4. Posizioniamo il trasportino, scoperchiato, in un punto sicuro della casa – ad esempio, il luogo in cui si trova abitualmente la sua cuccia, facendo in modo che un lato poggi contro una parte.

  5. Adagiamo all’interno del kennel la copertina o il cuscinone e lasciate che il cane entri spontaneamente, magari per mangiare un osso che gli abbiamo dato.

  6. Non forziamo mai l’ingresso del cane all’interno del trasportino, sia pure privo della parte superiore.

  7. Lasciamo passare qualche giorno e premiamo il cane tutte le volte che entra nel trasportino di sua spontanea volontà, magari per schiacciare un pisolino.

  8. Rendiamo il trasportino un oggetto più interessante, creando una breve pista olfattiva con dei premietti alimentari che conducono dall’ingresso del trasportino fino alla parete in fondo.

  9. Lasciando sempre il kennel in un posto sicuro della casa e con una copertina all’interno, proviamo a riposizionare la parte superiore e, mettendo un ossetto o un kong all’interno, aspettiamo che il cane entri spontaneamente.

  10. Consigliamo un trasportino abbastanza grande rispetto alle dimensioni del cane in modo che possa girarsi all’interno e rilassarsi distendendosi.

  11. Non chiudiamo il cancello di ingresso del trasportino ma lasciamo al cane la possibilità di entrare e uscire liberamente.

  12. Quando mettiamo del cibo all’interno del kennel, evitiamo di invitare verbalmente il cane ad entrare. Tanto meno cerchiamo di invitarlo ad entrare spingendolo dentro. L’invito o la spinta, per quanto leggera, potrebbero infatti insospettire il cane e fargli percepire il premio alimentare come un’esca per indurlo a fare una cosa che non va nel suo interesse.

  13. Senza focalizzare l’attenzione sul trasportino, mettiamoci a fare altro e premiamo moltissimo il cane quando vi entra spontaneamente.

  14. A questo punto, entrare e uscire dal trasportino non dovrebbe essere un problema per il cane, al punto che lo sceglie spontaneamente come luogo dove stare tranquillo a rilassarsi.

  15. Quando il cane è rilassato, passiamo con molta calma vicino al trasportino, chiudiamo la porticina di ingresso e lasciamo al suo interno un premio per il cane.

  16. Se il cane non si agita, dopo pochi minuti riapriamo il cancellino e premiamolo di nuovo.

  17. Ripetiamo questa ultima sessione di chiusura della porticina di ingresso allungando i tempi tra chiusura e riapertura.

  18. Tutti i passaggi dal punto 5 al punto 17 possono essere ripetuti con la ciotola della pappa: posizioniamola inizialmente vicino all’ingresso del trasportino e, in un secondo momento, verso il fondo.

  19. Mentre il cane mangia, proviamo a chiudere il cancelletto: probabilmente non se ne accorgerà neppure. Quando avrà finito di mangiare e ci guarderà perplesso, apriamo nuovamente, facendogli tanti complimenti e premiandolo con uno snack. Se notiamo che si innervosisce per la porta chiusa e smette di mangiare, riapriamola e riproviamo la chiusura il giorno successivo.

Utilizzare il kennel/trasportino in auto

Una volta che tutti gli step precedenti sono stati acquisiti, possiamo spostare il trasportino in un punto meno sicuro e familiare, ad esempio la macchina.

  1. È importante non dare mai la sensazione al cane di volerlo ingannare o bruciare le tappe.

  2. Iniziamo con la macchina ferma e spenta.

  3. Poi accesa, ma ferma.

  4. Infine accesa e in movimento, per tratti brevi.

  5. Se il cane con la macchina in movimento si agita, proviamo a dargli degli ossetti da sgranocchiare, in modo che possa scaricare la tensione.

  6. Spesso legare emozioni positive e una sensazione di sicurezza e protezione al trasportino può aiutarci a far superare al cane il mal d’auto e lo stress legato all’autovettura.

  7. Una volta che il cane si fida di noi e di entrare in un luogo chiuso potrete presentare al cane anche altri tipi di trasportino più piccoli, come quelli in cui siamo obbligati a collocare il cane all’interno delle navi o degli aerei.

In conclusione

Il kennel/trasportino/gabbia è percepito dal cane come un luogo angusto, quindi di primo acchito potrebbe non risultare piacevole. Tuttavia, il motivo per cui i cani non amano entrarci non è riferibile alle dimensioni, ma a due fattori principali:

  1. l’eccesso di attenzione del proprietario sull’oggetto;
  2. la mancanza di fiducia da parte del cane nei nostri confronti.

L’eccesso di attenzione sul trasportino e, aggiungeremmo, di aspettative cariche di impazienza o preoccupazione, è il motivo per cui il cane in alcuni casi non vuole entrare nel trasportino/gabbia, per quanto possa essere confortevole.

Il proprietario, infatti, entusiasta dell’acquisto, non vede l’ora di portare l’oggetto a casa e farlo provare al cane. Se noi portassimo a casa un letto bellissimo, non vedremmo l’ora di provarlo, ma lo stesso non vale per il cane. Per questa ragione, il cane non deve essere forzato a provarlo non appena portiamo il trasportino/gabbia a casa. Tutti i tentativi che facciamo, soprattutto quelli con il cibo, vengono visti con sospetto dal cane. È molto facile, in questo caso che il cane veda il cibo come esca.

Premiamo il cane quando entra nel trasportino di sua spontanea volontà.

Una buona propedeutica di base per far accettare al cane il trasportino è indubbiamente una rappresentazione chiara nel cane della calma legata alla copertina, sia in ambiente domestico che in ambiente esterno.

La copertina deve essere per il cane un oggetto transizionale, una “copertina di Linus” in grado di farlo rilassare in qualsiasi situazione.

Il cane, inoltre, deve aver già giocato con il kong e apprezzare la masticazione di ossetti di pelle, che gli permettono di scaricare lo stress.

L’elemento più importante, tuttavia, per assicurarci il successo nella familiarizzazione del cane con il trasportino è indubbiamente il livello di fiducia che ci deve essere all’interno della coppia. Il cane deve essere abituato a non essere ingannato e adescato attraverso il cibo e sempre guidato da una gestualità chiara e corretta.

 

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Presidente e socio fondatore di Pet levrieri dalla data di fondazione. Nella vita svolge la professione di psicologa e psicoterapeuta e di formatrice. E’ laureata in filosofia e in psicologia. Per crescita personale si è formata e diplomata come educatrice cinofila presso la scuola SIUA. Ha svolto il corso professionalizzante per la gestione della ricerca e del soccorso di animali smarriti, organizzato da Pet Detective. Ha iniziato a scoprire quello che accade ai greyhound nel racing in seguito all’adozione della sua prima grey, Silky, nel 2008. Da qui il suo impegno civile antiracing e anticaccia in difesa dei greyhound, dei galgo e dei lurcher. Sposata con Massimo Greco, altro socio fondatore di Pet levrieri, condivide con lui questo impegno.

Insieme condividono la loro vita con un gruppo di levrieri rescue e una segugia. Svolge questo ruolo in maniera totalmente gratuita.

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Vice presidente di Pet levrieri. Nella vita è Direttore delle Risorse Umane di una multinazionale del settore IT. 
Per passione personale nel 2020 ha conseguito il titolo di educatore cinofilo presso la scuola cinofila Il Mio Cane.
Ha partecipato al corso di gestione della ricerca e del soccorso di animali smarriti organizzato da Pet Detective.
Nel marzo 2014 adotta “per caso” Sandy, greyhound irlandese, e scopre la dura realtà dei levrieri sfruttati nelle corse e nella caccia decidendo così di impegnarsi concretamente nell’Associazione.
Coordina il gruppo di ricerca dei levrieri smarriti, è membro del Gruppo Adozioni e partecipa come portavoce di Pet levrieri ad eventi di informazione e divulgazione delle attività dell’associazione. 
Vive tra Milano e la Valsassina con il marito Massimiliano, ha due figli ormai adulti, Giorgia e Marco, e tre lurcher irlandesi: Robin, Coco e Lucy – e Sandy sempre nel cuore.
Svolge i suoi incarichi in Pet levrieri a titolo assolutamente gratuito.
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Vice Presidente e socio fondatore di Pet levrieri, laureata in scienze politiche internazionali, gestisce un’impresa di consulenze turistiche. In Pet Levrieri si occupa in particolare delle relazioni con la Spagna e dei profili dei galgo e si reca più volte all’anno nei rifugi spagnoli per conoscere i cani e stilarne i profili. Fa parte del team che amministra sito e pagine Fb dell’associazione.
Ha adottato la galga Debra nel 2011. Venire a contatto con la realtà dei levrieri rescue l’ha spinta ad approfondire il discorso e a impegnarsi attivamente a favore dei grey, galgo e lurcher sfruttati e maltrattati in tutto il mondo. Oltre a Debra vive con due cani meticci, salvati da situazioni di abbandono.
Svolge i suoi incarichi in Pet levrieri in maniera totalmente gratuita.

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Membro del consiglio direttivo e socio fondatore di Per levrieri, dove si occupa dell’organizzazione logistica degli eventi e del merchandising. Nella vita è titolare di un laboratorio odontotecnico dal 1990. Da sempre appassionato di cani, il suo primo cane è stato un setter irlandese. Sposato con Marianna Capurso, anche lei socia fondatrice di Pet levrieri, condivide con lei l’impegno antirancing e anticaccia in difesa dei levrieri. Accanto al presidente di Pet levrieri, ha partecipato alla prima conferenza mondiale sui greyhound in Florida nel 2016. Ha partecipato a molti corsi organizzati da Think Dog e Siua. Perle è stata la sua prima greyhound. Nella sua vita ora ci sono Peig e Inta, due lurcher, e Karim, greyhound salvato dal cinodromo di Macao, e Ricky, un pinscher, che è la mascotte di tutto il gruppo. Svolge i suoi incarichi in Pet levrieri in maniera totalmente gratuita.

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Membro del consiglio direttivo di Pet levrieri. Nella vita è una pasticciera. Dal 2014 a seguito dell’adozione di Rosie, una greyhound irlandese ha conosciuto la realtà dello sfruttamento dei levrieri. Da qui l’impegno in associazione. Coordina il gruppo facebook di Pet levrieri, gestisce il canale istituzionale Twitter, ed è membro del gruppo adozioni. Condivide la vita con il compagno Stefano, socio e volontario di Pet levrieri, James greyhound salvato in Irlanda e Jasmine greyhound sopravvissuta al cinodromo di Macao, nel cuore portano Rosie e Mags greyhound salvate in Irlanda. Svolge i suoi incarichi in Pet levrieri in maniera totalmente gratuita.

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Socio fondatore di Pet levrieri, si è occupato in associazione, a titolo puramente gratuito, di trasporti, rapporti con le autorità veterinarie e della comunicazione esterna, curando numerosi articoli sulla situazione dei greyhound e dei galgo nel mondo. Ha partecipato a numerose manifestazioni antiracing in Irlanda e Gran Bretagna. Dal 2022 fa parte del Board di GREY2K USA Worldwide, la più importante organizzazione antiracing mondiale. 
Laureato in filosofia e in Psicologia della comunicazione, insegna filosofia e storia nella scuola superiore di secondo grado; per crescita personale si è formato e diplomato come educatore cinofilo presso la scuola SIUA. 
Appassionato di musica, in particolare rock e irlandese, dal 2008 condivide le sue giornate, insieme alla moglie Stefania Traini, con levrieri rescue e un “pizzico” di segugi. Perché nella varietà si fanno più esperienze.
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Membro del consiglio direttivo di Pet Levrieri.
Dopo il liceo linguistico inizia a lavorare in banca ma dopo la nascita della terza figlia decide di volersi dedicare esclusivamente alla sua numerosa famiglia.
Il suo primo cane è stato Otello, un mix labrador-alano, poi è arrivata Gina, un bovaro svizzero.
Viene a conoscenza dello sfruttamento dei levrieri per caso attraverso un articolo trovato in rete e nel novembre 2015 partecipa ad un arrivo di Galgo di Pet Levrieri. Christa, una galga ancora senza famiglia, si butta tra le sue braccia per farsi coccolare. Dieci giorni dopo andrà a prenderla presso la famiglia foster e la porterà a casa. Da questo incontro speciale nasce il suo impegno concreto all’interno dell’Associazione.
Fa parte del gruppo adozioni e si occupa prevalentemente delle richieste estere (Svizzera, Austria, Germania).
A settembre 2018 si reca, insieme a Stefania Traini, a Macau per fotografare e stilare i profili dei cani che verranno in Italia. Qui, incrocia lo sguardo di Tamoko, che decide di adottare appena sarà pronto per il volo che lo porterà a Milano.
Vive a Lugano, Svizzera, con il marito Andrea e i figli Giulia, Alyssa, Cecilia e Tommaso. Membri della numerosa famiglia, oltre a Tamoko, sono anche Harry e Bob, lurcher irlandesi e Paco un meticcio salvato dalle strade di Napoli.
Ama trascorrere le giornate tra montagne e boschi oppure con un bel libro in mano.
Svolge i suoi incarichi in Pet Levrieri in maniera totalmente gratuita.
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