Zeno ❤️ il cane migliore che si possa desiderare.
Non dimenticheremo mai il caldo pomeriggio assolato di fine maggio in cui abbiamo visto Zeno per la prima volta.
Intontiti dopo mesi di lockdown.
Dopo aver consumato le sue 4 foto sfuocate per settimane.
Avevamo deciso di adottare un cane proprio durante la pandemia, perché a guardarci negli occhi io e il mio compagno Maurizio, ci sentivamo talmente fortunati anche in quel preciso momento, che volevamo donare un po’ della nostra buona sorte a chi non ne aveva avuto alcuna.
Molte persone ci avevano parlato di Pet Levrieri e così abbiamo letto il sito da cima a fondo, imparando pian piano a memoria i profili dei cani disponibili all’adozione in quel periodo.
Ricordo la prima telefonata di Gaudenzia, e noi che ci sentivamo come all’esame di maturità: risponderemo bene? sarà piccola casa nostra? saranno un problema le scale? Saremo simpatici noi, faremo buona impressione?
Passato il controllo pre-affido, abbiamo atteso trepidanti che ci venissero indicati i profili più adatti alla nostra situazione: una coppia giovane e dinamica, amante dello sport, che passa qualche ora al giorno fuori casa per lavoro, composta da una ragazza romana trapiantata a Pisa e da un ragazzone toscano di due metri.
I cani più adatti risultarono due: un galgo e un greyhound.
Uno in spagna e uno in irlanda.
Uno costretto a cacciare e uno a correre.
Anche loro, come il mio compagno, erano due ragazzoni alti e belli, affettuosi e dal cuore d’oro.
Ci dissero subito che, se il galgo Elia era un cane socievole anche con quelli della sua specie, il greyhound che ci proponevano e che rispondeva allora al nome di Zinc, aveva un forte istinto predatorio, soprattutto verso i cani di piccola taglia e (non parliamone nemmeno) i gatti.
Non sapevamo deciderci.
Zinc ci guardava fisso da quella foto fuori fuoco.
Maurizio disse: “Lanciamo una moneta”. E io risposi “Mica si può fare una scelta così importante lanciando una moneta”! – ma lui insistette: “Fidati”. Lanciammo la moneta, testa per Zinc e croce per Elia.
Non guardammo mai cosa fosse uscito.
Maurizio disse solo: “Che nome hai desiderato che uscisse mentre la moneta girava”? “Zinc” risposi.
Avevamo scelto.
E ora ce lo trovavamo davanti, dietro una rete in un campo d’erba, sotto il sole toscano.
Quando lo vidi, fiero, impettito, non mi sembrò nemmeno di trovarmi davanti a un cane.
Piuttosto a qualche essere mitologico, Anubi, venuto fuori da un altro tempo, da un altro mondo.
Forse pensò lo stesso lui di noi, di quel ragazzone alto due metri con guanti e mascherina che gli andava incontro, cercando di farsi piccolo, con umiltà e rispetto come unico primo e fondamentale biglietto da visita.
Zeno aveva sofferto, tanto.
Aveva corso, si era spezzato la coda e era stato scartato.
Era stato adottato in Inghilterra e era stato riportato indietro.
Aveva passato mesi in un rifugio e poi, ancora, era stato portato via.
Come potevamo noi risarcire tutto quel dolore? Cosa potevamo fare se non farci piccoli per dargli finalmente ascolto?
Non posso credere che Zeno sia con noi da soli due mesi. Che abbia avuto una vita dove noi non c’eravamo. Che non abbiamo potuto proteggerlo finora. Ne abbiamo già passate così tante.
Il primo mese Zeno aveva paura di tutto: dell’erba morbida, del fischio del treno, dei cani, grandi e piccoli che incontrava per strada.
Ha un forte istinto predatorio, è vero, difficilissimo da tenere a bada.
Eppure io credo che l’istinto più grande che si impossessa di lui sia la paura.
Paura di ciò che non ha potuto conoscere, paura del mondo che è stato così crudele con lui.
Con noi è sempre stato un santo.
Il cane migliore che si possa desiderare.
La sua fiducia negli esseri umani mi spacca il cuore in due perché, diciamocelo, noi esseri umani non ce la meritiamo.
Il mio incrollabile Zeno, il mio Zeno dal cuore d’oro.
20 giorni fa si è rotto una zampa.
Un incidente, mentre correva in un campo recintato dall’educatrice che ci segue. Una maledetta sfortuna.
Abbiamo imparato che non possiamo proteggerlo da tutto.
Ma che nella buona e nella cattiva sorte noi saremo lì con lui.
Per sempre.
A dormire sul divano letto mentre è in convalescenza. Mentre si abbandona tra le braccia del mio ragazzone di due metri (meno male!) ogni volta che dobbiamo fare le scale per riportarlo a casa. Ci saremo nei risvegli, la mattina occhi negli occhi, ogni volta che ci concede un piccolo gesto d’affetto, e dopo un po’ avrà passato più tempo con noi, rispettato e amato, che nel mondo oscuro dal quale proviene.
Forse non potremo mai cancellarlo, ma sarà evanescente come i brutti sogni.
Nella realtà ci siamo noi tre, presto, quando sarà guarito, tra i campi assolati della Toscana.
E forse un giorno guardarlo correre libero diventerà possibile.
Un sentito grazie a Pet Levrieri per aver scelto Zeno, proprio per noi.
Ne abbiamo cura come il più prezioso dei diamanti.
Marta
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