Vita da cani
Spesso ci diciamo che non dobbiamo antropomorfizzare i cani, che dobbiamo rispettarli nella loro natura e che dobbiamo offrirgli una vita migliore. Belle parole, ma appunto parole.
Per esempio, molti sono attentissimi a non far salire il cane sul divano o sul letto, a non dargli da mangiare a tavola, poi, però, gli mettono un bel collare a strozzo con un guinzaglio corto e non lo lasciano mai libero. Guinzaglio cortissimo, mi raccomando, in modo che il cane non abbia nessuna possibilità di fare quel metro in più che gli consentirebbe di fare quelle cose da cani che si chiamano annusare, fare pipì, esplorare. Un bel collare a strozzo, perché è più estetico e al contempo impedisce al cane di scappare. Salvo il fatto che poi il cane scappa lo stesso, con collare e guinzaglio al seguito, oppure nell’unico istante in cui trova una via di fuga che per noi è impossibile, ma per lui no, proprio perché è un cane.
Ma ci sono le aree cani, no? Posti fantastici, spesso grandi quanto il soggiorno di casa o poco più, piene di proprietari ignoranti, sempre gli stessi odori, sempre gli stessi stimoli. Una noia mortale, e infatti i cani dopo un po’ si annoiano. Dimenticavo, l’area cani è perfetta per chiacchierare con altre persone disinteressandosi del cane. Un perfetto ritrovo per umani, il doggarten al posto del kindergarten: solo che al kindergarten ci sono persone che si occupano dei kinder, nell’area cani no.
Il cane è un cane, e questo vale anche per i levrieri, solo che questo vuol dire che ha semplicemente i suoi bisogni specifici, cioè di specie, che sono diversi dai nostri, anche se fino a un certo punto. Esattamente come noi, per esempio, il cane non ama la solitudine, il che fa si che invece di scappare dall’uomo, generalmente lo cerchi. Il cane ha le nostre stesse emozioni, anche se ogni cane le esprime in modi diversi, esattamente come noi. Ci sono uomini che provano dolore in un modo, altri in un altro modo: l’espressione del comportamento è diversa, ma l’emozione è la stessa. Per inciso, uno dei motivi che fa sì che i cani, come noi, siano esseri dotati di una mente è proprio questo: lo stesso stato d’animo può portare a comportamenti diversi.
Il cane, come noi, ha bisogno di essere libero di essere un cane. Ora, noi che abbiamo il linguaggio abbiamo bisogno della libertà di parola, il cane ha bisogno della libertà di annusare, esplorare, solo per fare alcuni esempi.
Questa libertà deve esprimersi in contesti spesso pericolosi ed è nostro compito esercitare quella responsabilità che ci viene non dal nostro essere superiori, ma dal nostro essere abituati a questi contesti. Se mi perdessi in un bosco con un cane farei bene a fidarmi di lui; in città devo insegnargli a fidarsi di me. Dunque non posso liberare il mio cane in città, ma posso costruire la possibilità di farlo in contesti diversi, come un bosco o la campagna, dove lui potrà essere libero e felice perché potrà esprimere la sua natura.
Posso fare cose con lui per dargli fiducia e sicurezza in città e non solo. Posso dargli strumenti per affinare la sua intelligenza, come nella mobility o nel problem solving. A proposito, qualche strumento per affinare l’intelligenza di chi ha un cane sarebbe spesso opportuno: un corso o un libro per esempio. Ma si sa, noi non abbiamo nulla da imparare dagli altri, vero?
Posso costruire una relazione che nasce dalla fiducia e non dalla costrizione. Posso insomma provare a capire meglio il mio cane e a cercare di aiutarlo il più possibile a essere quel che è, tenendo conto dell’ambiente in cui vive.
Queste considerazioni valgono per i levrieri rescue? E perché non dovrebbe essere così? Certamente, ci vuole attenzione, conoscenza, competenza, lavoro, pazienza, ci vuole una grande capacità di lettura del cane, dei suoi limiti e delle sue potenzialità. Cose che valgono peraltro per tutti i cani rescue, ma facendo grande attenzione agli individui. Ci sono cani che potremo lasciare liberi e altri no, ci sono contesti ok e altri no.
Ma i luoghi comuni come “non si può lasciare libero un levriero” servono solo a coprire la propria incapacità di mettersi in discussione e di costruire una relazione veramente rispettosa delle sue esigenze, che non sono le nostre. Forse servono a dare una copertura elegante e rispettabile alla pigrizia umana.
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