È GIUSTO CONFORTARE UN CANE PAUROSO? Nuovo interessante articolo di Angelo Vaira
Vi segnaliamo un nuovo interessante articolo di Angelo Vaira: “È GIUSTO CONFORTARE UN CANE PAUROSO?” Non sappiamo mai bene cosa fare quando abbiamo a che fare con un cane pauroso e spaventato… Cosa è giusto fare per aiutare un cane pauroso? È vero che bisogna ignorarlo per non rinforzarne la paura? Il conforto più che generare maggiore paura, procura una maggiore disponibilità a sperimentare. Non sappiamo bene cosa fare quando abbiamo a che fare con un cane pauroso e spaventato. L’istinto ci dice di accarezzarlo, confortarlo, ma l’addestratore, il negoziante o l’articolo su internet, ci dicono di non farlo per non “rinforzare l’atteggiamento di paura”. Il fatto è che il concetto di rinforzo positivo ha sì permesso di abbandonare coercizione e violenza in favore dei metodi gentili, ma ha anche generato diversi non-sensi. Ricordo perfettamente un toelettatore che mentre tagliava le unghie a un cane gli aveva fatto male. Il suo proprietario cercò di confortare l’animale, ma lui glielo vietò: “No, no, no! Ignoralo! Sennò rinforzi le sue reazioni di paura!”. Ricordo anche l’atteggiamento emotivamente distaccato di un quotato esperto in comportamento, il quale diceva: gratifica il cane soltanto quando ha smesso di avere paura, sennò la rinforzi. Ebbene, le paure non possono essere rinforzate con le carezze. Confortare il cane, non lo rende più pauroso Probabilmente lo hanno detto anche a te. Ho trovato giusto oggi in un articolo pubblicato su un blog, dedicato all’argomento, un trafiletto di “errori da non commettere” con un cane pauroso, trafiletto che culminava con: Rispettando la motivazione e lo sforzo di chi ha scritto l’articolo, sicuramente in buona fede, tocca considerare che il timore di rinforzare l’atteggiamento di paura con carezze o altre gratificazioni è infondato. Gli psicologi comportamentisti affermano che puoi rinforzare i comportamenti, non le emozioni. E la paura è un’emozione. Quindi, il concetto è da rivedere già alla luce delle teorie comportamentiste, da cui sorge lo stesso concetto di rinforzo positivo. Ma anche questa volta suggerisco di abbandonare la visione comportamentista e con essa quindi l’idea che il comportamento del cane sia solo frutto di stimoli e rinforzi. Ci spostiamo quindi nel campo dell’etologia cognitiva: i cani sono dotati una mente e un cuore pulsante. Ci sono vasti senari da poter scorgere al loro interno. I cani paurosi hanno bisogno di conforto Noi umani e i cani siamo animali sociali e gli animali sociali hanno bisogno di conforto in situazioni che mettono paura. La risposta naturale di chi ha paura è la ricerca di prossimità. Amiamo sentirci protetti e solo una volta al sicuro siamo disposti a riguardare alla situazione con occhi nuovi e prendere in considerazione di sperimentare qualche possibilità di affrontarla. La ricerca di prossimità è funzionale alla sopravvivenza, giacché i cuccioli ricevono protezione dall’adulto e l’adulto dal resto del gruppo sociale. Quando l’animale riceve conforto vi sono cambiamenti fisiologici importanti. Cambia la biochimica, il corpo libera per esempio ossitocina, che predispone a dare nuovi significati alla situazione. Il conforto più che generare maggiore paura, procura una maggiore disponibilità a sperimentare. Ricevere conforto è fonte di maggiore sicurezza. Del resto ci viene spontaneo e istintivo fornire conforto, quando il nostro cane ha paura. Questo accade perché non solo la selezione naturale ci spinge a cercare prossimità e conforto, ma anche a offrirlo. E allora vi dico: offritelo questo conforto, senza timore di sbagliare. Offritelo con vicinanza fisica, carezze, voce calma e gentile. Ignorare le emozioni di chi ha bisogno di noi porta guai inevitabili Quante volte abbiamo sentito dire che se il bambino piange bisogna ignorarlo? Ebbene sì le teorie comportamentiste hanno fatto man bassa anche nella psicologia infantile. Ricordiamo però che con i cani ci viene spesso consigliato la stessa cosa: lascia il cucciolo chiuso in cucina o in bagno e ignoralo se piange. Ma il punto è che se un bambino o un cane piangono non lo fanno per dispetto, ma perché provano un disagio. Volete sapere se smettono di piangere? Dopo un po’ sì, certamente. Ma cosa avranno imparato? A rassegnarsi, a nascondere le loro emozioni, perché se le esprimono nessuno si occuperà di loro. Insomma il comportamento scompare, il disagio psicologico aumenta. Ed ecco che gli umani si fanno anni di psicoterapia e i cani diventano perfetti in gara, ma conflittuali emotivamente parlando. Bambini e cuccioli non piangono solo perché hanno fame o sono sporchi. Piangono anche per vedere se ci sei, se possono contare su di te. Se dimostriamo che ci accorgiamo del loro disagio e che siamo presenti con continuità, affidabili nel nostro apporto affettivo, si creerà un “legame d’attaccamento sicuro”, il quale genera soggetti psicologicamente sani. Quando le carezze sono sbagliate Cerco sempre più spesso durante i miei corsi di far comprendere quanta sensibilità dobbiamo guadagnare per fare bene il nostro lavoro di educatori o semplici compagni di quattro zampe. Spesso è il modo in cui si fanno le cose a essere sbagliato. Se per esempio il cane ha paura e noi lo forziamo in quella situazione, aggiungendo carezze a tutto spiano al suo disagio, ecco che sbagliamo e sbagliamo alla grande. Le carezze non saranno affatto di aiuto, peggioreranno il disagio del cane, non perché rinforzino la paura, ma perché si sommeranno agli elementi non graditi. Per aiutare i cani paurosi bisogna tirarli fuori il più presto possibile dalle situazioni “troppo grandi” e metterli invece difronte a situazioni che possano gestire, adeguate alle loro possibilità. La difficoltà ci deve essere, ma adeguata alle loro competenze del momento. Non conta quanto sia facile o difficile per noi secondo i nostri parametri, ma la reazione che vediamo in loro. Saranno loro a dirci se “si può fare o no”. Un bravo educatore cinofilo può aiutarci perfettamente in questo compito. “Oh, poverino!”: le tue idee sul tuo cane possono bloccarne l’evoluzione Evoluzione è affrontare le paure e crescere. Ma le nostre aspettative, ciò che noi pensiamo del nostro cane, influenzano ciò che lui pensa e i significati che da al mondo. Ci sono evidenze scientifiche a riguardo e ne abbiamo parlato in questo articolo. Come confortare o accarezzare Certo non è il caso di andare in ansia quando il nostro cane ha paura. Siamo leader emotivi e questa è forse l’unica forma di leadership che conti davvero. Il nostro cane sente le nostre emozioni e non si tratta di sesto senso. È un meccanismo biologico comune a tutti gli animali sociali. È vero e naturale, e serve a stare insieme, godersi il reciproco apporto affettivo, cooperativo e pedagogico. Siamo leader emotivi e questa è forse l’unica forma di leadership che conti davvero. Ora siamo guide emotive. Dato che le emozioni passano, quando le paure del nostro cane sono infondate, restiamo calmi e sereni. Centrati. Una mano poggiata sul fianco del cane, una carezza lenta, sentita, gli faranno capire che noi ci siamo accorti, che siamo lì con lui, ma che va tutto bene. Una risata al momento giusto può stemperare la tensione. Un invito al gioco anche. Cosa caratterizza il gioco? L’assenza di paura! Ricordo bene quel cucciolo di cane corso che mi era stato chiesto di portare in paese a socializzare quando ho lavorato in allevamento nel 1998. Gli avevo insegnato, a “casa sua”, dove si sentiva completamente a suo agio, a giocare a tira e molla con un salamotto in juta. Arrivati in periferia al paese si sentiva fuori luogo, il disagio, sebbene lieve, era ben visibile. Aveva quasi tre mesi e mezzo. Ho intuito che il gioco l’avrebbe aiutato e ho tirato fuori il salamotto. Appena l’ha visto si è illuminato e al mio invito a rincorrerlo lo ha afferrato e ha cominciato a mordere, tirare e giocare. Cosa caratterizza il gioco? L’assenza di paura. Per poter giocare ci si deve sentire al sicuro. Il cucciolo ha tirato su la coda e da quel momento, con o senza tira e molla, non l’ha più tirata giù. Non è sempre così diretto e facile il lavoro. Del resto aiutavo un cucciolo. Con cani diversi e adulti, bisognerà prendere altre misure, accorgimenti, strutturare un percorso costellato di intuito e sensibilità. Anche qui un bravo educatore ci può aiutare moltissimo. La relazione non è solo base sicura, ma un volano di proiezione sul mondo Non esistiamo solo per fornire un rifugio in caso di necessità. Non siamo solo lì a fornire conforto. La relazione che instauriamo col cane, ne proietta la mente sul mondo. Attraverso la relazione vengono generati significati, codici interpretativi, esperienze soggettive. La relazione fornisce al cane gli elementi fondanti per percepire se stesso e delle chiavi di lettura di quanto gli accade. Ecco perché è così importante. Ecco perché viene prima di qualsiasi training, addestramento, protocollo educativo o comportamentale. La relazione è generativa di codici che aiutano a decifrare il mondo e attribuirgli significati. C’è un flusso di comunicazione sottostante dai molteplici significati, fra noi e i nostri cani. 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