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Perché il greyhound racing è crudele e perché è necessario che chiuda: 28 domande e relative risposte

1. Che cos’è il greyhound racing nei paesi anglosassoni?

Il greyhound racing è un’industria, dunque un sistema finalizzato a produrre profitto attraverso le scommesse sulle corse dei cani. L’industria è gestita attraverso enti come l’IGB in Irlanda e il GBGB in Gran Bretagna. In Irlanda, la delega all’industria dei greyhound è nelle mani del ministero dell’agricoltura.

2. Qual è la funzione dei cani nel greyhound racing?

I cani nel greyhound racing sono merci, mezzi di produzione di reddito, dunque soggetti a valutazione costo-beneficio. Il loro valore è legato al profitto che possono generare. Cani che non possono generare profitto non hanno valore e rappresentano un puro costo.

3. Quando i greyhound diventano merci?

I greyhound diventano merci prima ancora di nascere: le cucciolate vengono pianificate in modo da generare un surplus di cuccioli rispetto a quelli che possono essere assorbiti dall’industria. Questo fenomeno viene chiamato overbreeding. Dal momento che le corse sono basate sulla competizione e sulla prestazione, gli allevatori e i trainer ricercano il campione in una situazione di concorrenza e di mercato. Dunque ognuno cerca il campione e per farlo si mettono al mondo più cuccioli di quanti arriveranno a correre.

4. In che modo l’industria allena i greyhound?

Dal momento che le corse sono competizioni, i greyhound non devono sviluppare la tendenza alla collaborazione tipica dei cani da caccia e dai cani in generale. Per questo si cerca di limitare la socializzazione e i comportamenti di gioco al minimo indispensabile. I cani passano generalmente gran parte del proprio tempo in gabbia e spesso con la museruola. Il rapporto con l’uomo è funzionale allo scopo di ottenere profitto: non carezze, ma massaggi.

5. I greyhound si divertono e sono felici quando corrono in pista?

I greyhound nelle corse vengono portati al guinzaglio nel box di partenza, in cui vengono infilati a forza, e appena finito di correre vengono bloccati. La loro corsa è diversa da quella dei cani da caccia che corrono liberi: non cooperano ma si ostacolano, corrono e sono costretti a percorrere traiettorie non naturali. Non prendono mai la preda e dunque ogni gara è un accumulo di frustrazione.

6. La corsa è pericolosa?

La corsa nelle piste ovali è per sua natura molto pericolosa: i cani arrivano alla prima curva alla massima accelerazione, e spesso perdono il controllo. La prima curva è spesso letale. Ad aumentare la pericolosità è la presenza della competizione in uno spazio ristretto: una collisione a 60 chilometri all’ora è rovinosa e mortale. A volte poi le esigenze del business portano a sfruttare i cani oltre i limiti naturali.

7. Cosa accade quando un greyhound si infortuna?

Nella maggioranza dei casi viene soppresso, perché curarlo sarebbe un costo, anche di fronte a infortuni curabili: quello che conta infatti non è che i danni siano riparabili, ma quanto questi possono influire sulla capacità futura di gareggiare. Se l’infortunio non consente al cane di continuare la carriera, spesso arriva l’eutanasia.

8. L’ambiente del racing è etico?

Il greyhound racing si basa sul gioco d’azzardo e i cinodromi sono spessi ambienti frequentati non proprio dalla crema della società. Peraltro è molto frequente l’uso del doping per aumentare le prestazioni dei cani: tra le sostanze usate caffeina, cocaina, steroidi.

9. Cosa accade ai cani che non servono più?

I cani ormai lenti o in qualche modo inservibili possono avere tre possibilità: la prima è l’esportazione, la seconda l’adozione, la terza la morte.

10. Dove vengono esportati i greyhound europei?

Spagna e Pakistan sono due tra le destinazioni più importanti. I cani vengono venduti per pochi soldi e usati generalmente come riproduttori oltre che come corridori. In quali condizioni vivano in Spagna è noto, dal momento che in questo paese decine di migliaia di levrieri spagnoli, i Galgo, sono uccisi ogni anno. Meno nota è la condizione in cui vivono in Pakistan, paese da cui non ci sono notizie. Si sa peraltro che alcuni greyhound sono impiegati in battute di caccia al cinghiale nelle quali possono subire gravi ferite o essere uccisi.
In questi ultimi due anni alcuni trainer irlandesi hanno tentato, e qualche volta sono riusciti, a esportare alcuni greyhound a Macao, dove è attivo il Canidrome, un cinodromo da cui i cani non escono vivi, e che grazie alla pressione internazionale chiuderà a breve.

11. Quanti cani vengono adottati ogni anno?

I programmi di adozione gestiti dall’industria in Irlanda e Gran Bretagna dichiarano ogni anno rispettivamente 600 e 4000 adozioni circa. A queste vanno aggiunte le adozioni gestite da rifugi e associazioni indipendenti, che hanno numeri sicuramente inferiori, anche considerando i costi necessari per preparare un cane all’adozione.

12. Quanti cani vengono soppressi ogni anno?

Non ci sono cifre ufficiali, perché vengono registrate le cucciolate e non i cuccioli e sono tatuati solo i greyhound che entrano nei circuiti delle corse. Si stima che in Irlanda svaniscano nel nulla più di 10.000 greyhound ogni anno, ai quali vanno aggiunti probabilmente 5000 greyhound in UK.

13. In che modo vengono soppressi?

Alcuni vengono soppressi nei pound, nei canili. In Irlanda, nel 2013, sono stati eliminati in questo modo 427 greyhound, cioè il 76 % di quelli che sono stati portati in canile.
Molti vengono eliminati direttamente con metodi brutali: badilate, pistola a proiettile captivo, fosse comuni. In Inghilterra alcuni anni fa un uomo è stato condannato per avere ucciso circa 10000 greyhound. Altri vengono usati per la sperimentazione. Altri ancora vengono semplicemente abbandonati.

14. In che modo l’industria si occupa del benessere dei greyhound?

L’interesse dell’industria per il benessere dei greyhound è in primo luogo l’interesse di chi vuole mantenere in buono stato i mezzi di produzione che garantiscono il suo profitto. Dunque le misure finalizzate al benessere sono limitate a quanto necessario per questo: Un esempio è dato dalle dimensioni minime del kennel previste dal NGRC in GB (National Greyhound Racing Club): 2,3 per 1,5 metri.
Inoltre l’industria, soprattutto in GB, è sottoposta a pressioni da parte dell’opinione pubblica e dunque deve darsi un’immagine decente.
Tuttavia l’industria si autoregolamenta in questo settore e dunque molto spesso l’applicazione dei regolamenti, sia pur limitati, e la punizione dei crimini, sono insufficienti o inesistenti.

15. A cosa servono i programmi ufficiali di adozione dell’industria?

I programmi ufficiali di adozione dell’industria, noti con l’acronimo RGT, danno in adozione una parte dei grehyound ritirati dalle corse e in questo modo servono all’industria per darsi un’immagine compassionevole e pulita. Tuttavia molto spesso chi partecipa a questi programmi non è contrario alle corse in sé e mantiene il silenzio sulla reale condizione dei greyhound e sulle causa del loro sfruttamento, cioè sull’industria.

16. A chi giova il silenzio sulla reale condizione dei greyhound?
Il silenzio uccide, e giova solo all’industria, perché impedisce all’opinione pubblica di acquisire consapevolezza del problema e dunque allontana la fine del problema.

17. Alcuni dicono che l’industria non finirà mai, è vero?

Alcuni ritengono che sia inutile combattere contro l’industria, perché troppo profondamente radicata nella tradizione di paesi come la Gran Bretagna o l’Irlanda.
Queste persone dimenticano che l’industria è un fenomeno storico nato soltanto a metà degli anni venti del secolo scorso in un contesto economico e culturale molto diverso da quello odierno. Da allora molte cose sono cambiate e stanno cambiando, anche nella consapevolezza dei diritti animali da parte delle società occidentali. Il movimento per i diritti degli animali è oggi molto più forte e consapevole, per fare un esempio.

18. Il greyhound racing è in crisi?

La risposta è sì: per esempio negli Stati Uniti i racing è legale ormai sono in pochi stati, in GB molti cinodromi hanno chiuso i battenti e in generale il numero di spettatori è in netto calo. In Irlanda il cinodromo di Harold’s Cross è stato venduto per sanare almeno in parte i debiti dell’IGB.
19. Alcuni dicono che la crisi economica metterà fine all’industria, è vero?
La crisi economica ha creato seri problemi all’industria delle corse, ma l’industria cerca sempre nuove strade per mantenere i profitti: cerca comunque di aprire nuove piste, fa campagna nelle scuole per cercare di trovare nei giovani dei sostenitori, cerca nuovi mercati in Asia, incoraggia la presenza nei cinodromi con birra gratis o a buon mercato.
Peraltro il declino dei cinodromi come luogo in cui le persone scommettono ha portato allo sviluppo di nuove vie per generare profitto, utilizzando sempre di più le scommesse online. Questo comporta addirittura un peggioramento dello sfruttamento dei greyhound, perché aumenta il numero delle corse giornaliero.
Dunque confidare sulla crisi economica per salvare i greyhound è un’illusione.

20. Come mai alcuni sostengono a volte che l’industria chiuderà per la crisi e altre volte che non finirà mai?

Questo è curioso, alcuni sostengono entrambe queste idee. Ciò potrebbe sembrare strano ma in realtà c’è qualcosa in comune tra queste due visioni: l’idea che non sia necessario fare nulla oggi per cambiare le cose. Che sia impossibile o che non sia necessario non cambia nulla: le cose andranno come devono andare, secondo loro.

21. Alcuni dicono che parlando con i trainer sarà possibile cambiare l’industria dall’interno, è vero?

I trainer sono uomini, alcuni sono migliori di altri, alcuni possono anche arrivare a comprendere che allevare e allenare un greyhound per le corse è una crudeltà.
Ma nella misura in cui una persona alleva e allena greyhound per l’industria, partecipa ai meccanismi dell’industria, dunque partecipa attivamente al meccanismo per cui i cani sono merci utili per il profitto e come tale è un ingranaggio.
Forse qualche trainer può essere folgorato sulla via di Damasco, ma è irrealistico credere che un’intera industria arrivi a suicidarsi.

22. Alcuni sostengono che un trainer che fa correre i cani e poi li dà in adozione sia un interlocutore con cui dialogare, è vero?

Se una persona alleva o allena i greyhound nel sistema dell’industria li sfrutta da quando nascono, li espone a una vita triste e a pericoli inutili. Il fatto che invece di ucciderli quando non servono ne tenga qualcuno in casa o ne dia altri in adozione, non cambia nulla nella responsabilità che ha rispetto al sistema.

23. Alcuni ritengono che se il racing chiudesse sarebbe una tragedia perché non si potrebbe trovare casa alle migliaia di greyhound che dovrebbero essere salvati, e vero?

Ogni anno almeno 15000 greyhound vengono eliminati in Europa, dunque i costi della sopravvivenza dell’industria sono enormemente superiori. La vera tragedia avviene ogni anno da anni a causa dell’esistenza dell’industria.

24. Alcuni dicono che se chiudesse l’industria non ci sarebbero più i greyhound, è vero?

No, semplicemente sarebbero in numero minore e, come per tutte le altre razze canine, chi ne desidera uno come pet lo dovrebbe comprare, cosa che già si può fare oggi.

25. L’adozione di un greyhound è di per sé la soluzione del problema?
No, perché come abbiamo visto, adottare un cane interviene sugli effetti e non sulle cause.

26. Alcuni dicono che l’importante sia salvare più cani, indipendentemente da come si fa, è vero?

Evidentemente no. Salvare un cane in più è un’azione buona, ma se questo mette in secondo piano la lotta per eliminare le cause, se viene fatto con mezzi che aiutano l’industria non avvicina, ma allontana, la fine della tragedia.

27. Qual è la strada più realistica per eliminare la sofferenza dei greyhound?

Dal momento che l’industria non è disposta a suicidarsi, che cercare di cambiare la mentalità di chi investe nella merce greyhound per il profitto non è realistico, la strada più adeguata, l’unica, è favorire in tutti i modi la consapevolezza, nei paesi in cui è presente, ma anche in Europa, che l’industria delle corse è una barbarie indegna di paesi civili.
Dunque si tratta di far conoscere la reale situazione, di denunciare tutti i casi di maltrattamenti, di organizzare la protesta e la pressione politica per costruire un movimento di opinione pubblica. Esattamente come si è fatto e si fa per la vivisezione, per esempio.

28. La denuncia e la consapevolezza sono sufficienti per eliminare la sofferenza dei greyhound?
No, e lo dimostra l’esperienza del Nuovo Galles del Sud, in Australia, dove il primo ministro Baird, dopo aver annunciato la chiusura dell’industria, ho dovuto fare marcia indietro perché privo di un adeguato supporto politico in grado di contrastare la campagna delle associazioni e della stampa pro-racing.

Viceversa in Argentina, dove si è formato un largo fronte di opinione pubblica, stampa e mondo dello spettacolo in grado di ottenere l’appoggio di molti politici, è stato possibile sconfiggere chi voleva opporsi alla proibizione delle corse con i galgo.

Analoga esperienza è accaduta a Macao e in Florida. A Macao le campagne Close The Canidrome e Save the Macau Greyhounds hanno vinto, ottenendo la chiusura del Canidrome, il peggiore cinodromo al mondo, il salvataggio dei 550 greyhound detenuti al suo interno e la loro adozione a livello internazionale grazie alla capacità del team antiracing internazionale, guidato da Anima Macau, GREY2K USA e Pet levrieri, ha saputo portare avanti una strategia capace di incidere sull’opinione pubblica locale, di ottenere attenzione e supporto politico e di ottenere cambiamenti legislativi. 

In Florida la vittoria schiacciante del 6 novembre per il voto #YesOn13 in Florida, che ha assestato un colpo mortale all’industria delle corse negli Stati Uniti, poiché ben 11 delle rimanenti 17 piste in US verranno ora chiuse entro la fine del 2020, è stata l’esito di una abile campagna durata due anni, promossa e guidata da GREY2K USA, che è riuscita a conquistare l’approvazione di una vasta parte degli abitanti della Florida di qualunque ceto sociale, nonché il sostegno della Doris Day Animal League, della Humane Society of the United States, di circa 400 associazioni civiche, di rifugi locali, veterinari e ambulatori, associazioni animaliste, commercianti, avvocati, legislatori in carica ed ex, associazioni di tutela dei greyhound, agenzie di stampa, candidati al Congresso, una chiesa locale, nonché il voto del 68,94 % dei cittadini della Florida. 

 

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L’industria delle corse come sistema di sfruttamento dei greyhound finalizzato al profitto.

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Presidente e socio fondatore di Pet levrieri dalla data di fondazione. Nella vita svolge la professione di psicologa e psicoterapeuta e di formatrice. E’ laureata in filosofia e in psicologia. Per crescita personale si è formata e diplomata come educatrice cinofila presso la scuola SIUA. Ha svolto il corso professionalizzante per la gestione della ricerca e del soccorso di animali smarriti, organizzato da Pet Detective. Ha iniziato a scoprire quello che accade ai greyhound nel racing in seguito all’adozione della sua prima grey, Silky, nel 2008. Da qui il suo impegno civile antiracing e anticaccia in difesa dei greyhound, dei galgo e dei lurcher. Sposata con Massimo Greco, altro socio fondatore di Pet levrieri, condivide con lui questo impegno.

Insieme condividono la loro vita con un gruppo di levrieri rescue e una segugia. Svolge questo ruolo in maniera totalmente gratuita.

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Vice presidente di Pet levrieri. Nella vita è Direttore delle Risorse Umane di una multinazionale del settore IT. 
Per passione personale nel 2020 ha conseguito il titolo di educatore cinofilo presso la scuola cinofila Il Mio Cane.
Ha partecipato al corso di gestione della ricerca e del soccorso di animali smarriti organizzato da Pet Detective.
Nel marzo 2014 adotta “per caso” Sandy, greyhound irlandese, e scopre la dura realtà dei levrieri sfruttati nelle corse e nella caccia decidendo così di impegnarsi concretamente nell’Associazione.
Coordina il gruppo di ricerca dei levrieri smarriti, è membro del Gruppo Adozioni e partecipa come portavoce di Pet levrieri ad eventi di informazione e divulgazione delle attività dell’associazione. 
Vive tra Milano e la Valsassina con il marito Massimiliano, ha due figli ormai adulti, Giorgia e Marco, e tre lurcher irlandesi: Robin, Coco e Lucy – e Sandy sempre nel cuore.
Svolge i suoi incarichi in Pet levrieri a titolo assolutamente gratuito.
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Vice Presidente e socio fondatore di Pet levrieri, laureata in scienze politiche internazionali, gestisce un’impresa di consulenze turistiche. In Pet Levrieri si occupa in particolare delle relazioni con la Spagna e dei profili dei galgo e si reca più volte all’anno nei rifugi spagnoli per conoscere i cani e stilarne i profili. Fa parte del team che amministra sito e pagine Fb dell’associazione.
Ha adottato la galga Debra nel 2011. Venire a contatto con la realtà dei levrieri rescue l’ha spinta ad approfondire il discorso e a impegnarsi attivamente a favore dei grey, galgo e lurcher sfruttati e maltrattati in tutto il mondo. Oltre a Debra vive con due cani meticci, salvati da situazioni di abbandono.
Svolge i suoi incarichi in Pet levrieri in maniera totalmente gratuita.

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Membro del consiglio direttivo e socio fondatore di Per levrieri, dove si occupa dell’organizzazione logistica degli eventi e del merchandising. Nella vita è titolare di un laboratorio odontotecnico dal 1990. Da sempre appassionato di cani, il suo primo cane è stato un setter irlandese. Sposato con Marianna Capurso, anche lei socia fondatrice di Pet levrieri, condivide con lei l’impegno antirancing e anticaccia in difesa dei levrieri. Accanto al presidente di Pet levrieri, ha partecipato alla prima conferenza mondiale sui greyhound in Florida nel 2016. Ha partecipato a molti corsi organizzati da Think Dog e Siua. Perle è stata la sua prima greyhound. Nella sua vita ora ci sono Peig e Inta, due lurcher, e Karim, greyhound salvato dal cinodromo di Macao, e Ricky, un pinscher, che è la mascotte di tutto il gruppo. Svolge i suoi incarichi in Pet levrieri in maniera totalmente gratuita.

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Membro del consiglio direttivo di Pet levrieri. Nella vita è una pasticciera. Dal 2014 a seguito dell’adozione di Rosie, una greyhound irlandese ha conosciuto la realtà dello sfruttamento dei levrieri. Da qui l’impegno in associazione. Coordina il gruppo facebook di Pet levrieri, gestisce il canale istituzionale Twitter, ed è membro del gruppo adozioni. Condivide la vita con il compagno Stefano, socio e volontario di Pet levrieri, James greyhound salvato in Irlanda e Jasmine greyhound sopravvissuta al cinodromo di Macao, nel cuore portano Rosie e Mags greyhound salvate in Irlanda. Svolge i suoi incarichi in Pet levrieri in maniera totalmente gratuita.

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Socio fondatore di Pet levrieri, si è occupato in associazione, a titolo puramente gratuito, di trasporti, rapporti con le autorità veterinarie e della comunicazione esterna, curando numerosi articoli sulla situazione dei greyhound e dei galgo nel mondo. Ha partecipato a numerose manifestazioni antiracing in Irlanda e Gran Bretagna. Dal 2022 fa parte del Board di GREY2K USA Worldwide, la più importante organizzazione antiracing mondiale. 
Laureato in filosofia e in Psicologia della comunicazione, insegna filosofia e storia nella scuola superiore di secondo grado; per crescita personale si è formato e diplomato come educatore cinofilo presso la scuola SIUA. 
Appassionato di musica, in particolare rock e irlandese, dal 2008 condivide le sue giornate, insieme alla moglie Stefania Traini, con levrieri rescue e un “pizzico” di segugi. Perché nella varietà si fanno più esperienze.
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Membro del consiglio direttivo di Pet Levrieri.
Dopo il liceo linguistico inizia a lavorare in banca ma dopo la nascita della terza figlia decide di volersi dedicare esclusivamente alla sua numerosa famiglia.
Il suo primo cane è stato Otello, un mix labrador-alano, poi è arrivata Gina, un bovaro svizzero.
Viene a conoscenza dello sfruttamento dei levrieri per caso attraverso un articolo trovato in rete e nel novembre 2015 partecipa ad un arrivo di Galgo di Pet Levrieri. Christa, una galga ancora senza famiglia, si butta tra le sue braccia per farsi coccolare. Dieci giorni dopo andrà a prenderla presso la famiglia foster e la porterà a casa. Da questo incontro speciale nasce il suo impegno concreto all’interno dell’Associazione.
Fa parte del gruppo adozioni e si occupa prevalentemente delle richieste estere (Svizzera, Austria, Germania).
A settembre 2018 si reca, insieme a Stefania Traini, a Macau per fotografare e stilare i profili dei cani che verranno in Italia. Qui, incrocia lo sguardo di Tamoko, che decide di adottare appena sarà pronto per il volo che lo porterà a Milano.
Vive a Lugano, Svizzera, con il marito Andrea e i figli Giulia, Alyssa, Cecilia e Tommaso. Membri della numerosa famiglia, oltre a Tamoko, sono anche Harry e Bob, lurcher irlandesi e Paco un meticcio salvato dalle strade di Napoli.
Ama trascorrere le giornate tra montagne e boschi oppure con un bel libro in mano.
Svolge i suoi incarichi in Pet Levrieri in maniera totalmente gratuita.
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